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          Massimo Tapparelli d’Azeglio            

(Torino 24 ottobre 1798 – 15 gennaio 1866)

E’ stato Vittorio Bersezio a tracciare il profilo più felicemente sintetico di Massimo Tapparelli d’Azeglio (Torino 24 ottobre 1798 – 15 gennaio 1866), esponente illustre di una delle più prestigiose famiglie piemontesi: “Animo d’artista, indole di romanziere, fantasia di poeta, senno di chi ha fatto non leggieri studi, buon senso dell’uomo che pensa ed eleganza d’antica nobiltà, spirito e cuore d’Italiano: eccovi Massimo d’Azeglio celebre pittore, scrittore egregio, coraggioso soldato, amatore di Patria, uomo di Stato, ministro e galantuomo”. Molte doti e molti fatti per una vita vissuta all’insegna dell’inquietudine e dell’onestà. A cominciare dall’infanzia trascorsa in Toscana e dal suo primo viaggio a Roma al seguito del padre Cesare, austero esponente di una indefettibile fedeltà all’antica patria sabauda.

Dopo la formazione universitaria e un principio di carriera militare presto interrotta, Massimo d’Azeglio si diede al “mestiere” di pittore che perfezionò alla scuola del fiammingo Martino Verstappen, vivendo negli anni che trascorse a Roma e nella campagna romana un periodo di applicazione studiosa ma non priva di simpatica scapigliatura. Tornato in Piemonte a sondare le capacità del mercato letterario e artistico, il giovane pittore trovò un suo equilibrio artistico tra Torino e Milano, tra pittura e letteratura, finendo a rivelare – accanto a non corrivi esiti pittorici – una più insospettabile vocazione letteraria. A contatto con l’ambiente letterario del Manzoni, di cui sposò in prime nozze la figlia Giulia, pubblicò infatti il suo primo romanzo storico, l’Ettore Fieramosca (1833), a cui seguirono un altro romanzo storico, il Niccolò de’ Lapi (1841), e alcuni capitoli d’un terzo, la Lega Lombarda, rimasto incompiuto.

Passato a seconde nozze con Luisa Blondel – dopo la morte precoce di Giulia Manzoni – i dissapori coniugali lo allontanarono dalla capitale lombarda. Dopodiché la sua maggior cura venne soprattutto riservata alla politica che visse con passione: scrivendo famosi  e discussi pamphlet come Gli ultimi casi di Romagna (1846) e Lutti di Lombardia (1848),  distinguendosi in molte missioni diplomatiche sulla via dell’indipendenza nazionale,  e dando il suo contributo alla guerra del ’48 (fu ferito al Monte Berico).

Accettata nel maggio dell’anno successivo la carica di Presidente del Consiglio (1849-1852), fu lui a consigliare al giovane  re il coraggioso Proclama di Moncalieri, che salvò di fatto lo Statuto, aprendo la via al genio  di Cavour. Pubblicista vivace fino all’ultimo, concluse la sua vita tornando alla letteratura e dando all’Italia i Ricordi, uno dei testi più riusciti e affascinanti della memorialistica risorgimentale.

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Di Massimo d’Azeglio il Centro Studi Piemontesi ha in corso di pubblicazione dal 1987 il monumentale Epistolario (1819-1866)

MASSIMO D’AZEGLIO

(24 ottobre 1798-15 gennaio 1866)

EPISTOLARIO (1819-1866)
a cura di GEORGES VIRLOGEUX

All’indomani della morte di Massimo d’Azeglio (1866), la pubblicazione delle sue lettere apparve come un’impresa da avviare senza indugio. La figlia Alessandrina ne cominciò la raccolta, ma le difficoltà, forse accresciute dalle polemiche nate sia negli ambienti intellettuali e politici che in quello familiare, fecero sì che tra il 1867 e il 1915 non si riuscisse a realizzare – oltre all’antologia pubblicata dal genero Matteo Ricci negli Scritti postumi dell’Azeglio – che alcune raccolte parziali di lettere a Eugène Rendu, a Luisa Blondel, a Roberto e a Emanuele d’Azeglio, a Diomede Pantaleoni; né le varie pubblicazioni successive apparse in tempi diversi hanno certo colmato le molte e lamentate lacune.

Circa 5000 lettere finora acquisite (di cui un terzo inedite) e indirizzate a oltre 450 destinatari costituiscono il corpus di questa raccolta, offerta in una edizione filologicamente corretta, prevista in almeno 11 volumi. Oltre ai grossi fondi archivistici di Roma, di Milano, di Torino, di Saluzzo, di Forlì, di Ravenna e di Livorno vi confluiscono gli autografi provenienti da tutte le altre sedi che è stato possibile interrogare cercando di porre fine, almeno in gran parte, alla “diaspora” lamentata da tutti gli studiosi di Massimo d’Azeglio.

Ad opera ultimata, la conoscenza dell’azione e del pensiero dello Statista ne uscirà più completa ed esatta. La personalità dell’Azeglio (politico, uomo di mondo, scrittore, pittore, viaggiatore) ne risulterà incontestabilmente approfondita, illustrata anche negli aspetti più sottilmente e psicologicamente legati all’uomo tout court.

Sebbene curatori come Marcus De Rubris o Luigi Cesare Bollea (negli anni ’20) o come Alberto Maria Ghisalberti (negli anni ’50) si siano interessati anche della vita privata dell’Azeglio in edizioni già filologicamente corrette, i loro lavori non hanno potuto tuttavia colmare le lacune lasciate dai predecessori. Questa edizione fa dunque intera luce sull’ampio giro di relazioni che l’Azeglio intrattenne con corrispondenti vari, con amici e con familiari. Il complesso delle lettere alla seconda moglie Luisa Blondel contribuisce a darci una rinnovata e meno convenzionale idea dei rapporti coniugali della celebre coppia. Anche i contorni esatti dell’uomo reale si compongono in una fisionomia più varia e sfaccettata. I suoi giudizi privati, le sue idiosincrasie, i suoi movimenti d’umore, l’espressione spontanea dei suoi sentimenti sono stati infatti molte volte devotamente o cautamente edulcorati da zelanti curatori, affinché l’immagine del “cavaliere della prima passione nazionale” si discostasse il meno possibile dal modello dell’agiografia risorgimentale.

I lettori e gli storici della lingua, dal canto loro, vedranno compiutamente svolgersi – per così dire – sotto i loro occhi, il paziente cammino percorso da un piemontese per forgiarsi uno strumento d’espressione e di comunicazione insieme personale e nazionale. Le lettere dell’Azeglio sono state spesso castigate, ripulite, quasi si fosse voluto affrettare artificiosamente l’avvento di una lingua conforme ad un pattern prestabilito. Aggiungasi a ciò il peso della tradizione letteraria e dei suoi modelli epistolari, i quali comandavano che si emendasse ogni sciatteria di stile. Carteggiando l’Azeglio scriveva come parlava ed era per lo meno trilingue se abbiamo di lui lettere in italiano, in francese e in piemontese. Il milanese gli era inoltre diventato più che familiare e non di rado coloriva la propria favella con idiotismi romani. Vivo esempio di una comunità plurilingue, questa diversità si esprime spontaneamente nella sua varietà e ricchezza, ed era dunque indispensabile che la sua corrispondenza venisse finalmente restituita all’autentica versione originale.

Tra i filoni dell’Epistolario che hanno particolarmente sofferto della tradizione editoriale c’è quello delle belle arti, e specialmente della pittura. L’Azeglio si voleva “pitor ëd mësté” e l’attenzione rivolta dalla critica alla sua opera pittorica e grafica è oggi più che mai vivace. Gli storici dell’arte non hanno avuto finora disponibile per i loro studi se non il testo dei Ricordi e qualche frammento della corrispondenza. Le lettere del primo periodo romano (1819-1829) e del periodo milanese (1831-1844), durante i quali l’attività dell’Azeglio è quasi esclusivamente letteraria e artistica, erano fino ad oggi per la maggior parte inedite.

Alle molte lacune e alle vecchie imperfezioni hanno posto rimedio, per il periodo che va dal 1819 al 1856 i primi otto volumi usciti finora, che possono essere messi subito a disposizione di chi voglia sottoscrivere l’opera intera. Alle imperfezioni e lacune restanti attenderanno i volumi successivi che saranno via via pubblicati in un arco di tempo ragionevolmente breve.

L’Epistolario azegliano, frutto di un’imponente mole di lavoro, è curato da Georges Virlogeux, italianisant dell’Università di Aix-en-Provence, che ha censito, raccolto, ordinato, annotato l’intero materiale con filologica acribia e dedizione appassionata.

Il Centro Studi Piemontesi ha potuto affrontare un’opera di ricerca e editoriale tanto impegnativa anche grazie a un nucleo di sensibili sottoscrittori tra i quali accademici, imprenditori, cultori della storia e personalità del mondo culturale piemontese e italiano, affiancati da Biblioteche, Centri Studi e Istituti di Cultura, i cui nomi sono pubblicati nella Tabula gratulatoria con cui si apre ogni volume.

Dal volume IV l’Epistolario si pubblica col fondamentale sostegno della Compagnia di San Paolo, nell’ambito del progetto: “Massimo d’Azeglio un torinese per l’Italia e per l’Europa”.

Mano a mano che si pubblicavano i volumi, nuovi studiosi, nuovi lettori, nuove Biblioteche pubbliche e Istituti di ricerca si sono affiancati con continuità ai sottoscrittori iniziali ed è parso doveroso segnalarne il sostegno a un lavoro tanto impegnativo e prezioso per lo studio e per una compiuta conoscenza della storia dell’Italia ottocentesca e dell’epopea risorgimentale integrando la Tabula gratulatoria, a partire dal volume IX che è in corso di stampa e uscirà nel primi mesi del 2016 per celebrare i 150 anni dalla morte del grande piemontese, anche con l’aggiunta dei loro nomi.

In occasione della integrazione, il Centro Studi Piemontesi ha deliberato di affiancare ai nomi dei benemeriti sottoscrittori sino ad oggi inclusi nella citata Tabula gratulatoria anteposta ai testi – a partire da volume IX e sino a compimento dell’opera – anche i nomi di coloro che, persone, biblioteche, istituti, acquisteranno al prezzo agevolato riservato ai prenotatori tutto quanto sin qui pubblicato (alle condizioni specificate in calce) o in corso di stampa e sottoscriveranno,  i successivi  in preparazione.

L’opera, distribuita in tutto il mondo, è schedata in molte delle principali Biblioteche, Università, Accademie al di qua e al di là degli Oceani.

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Chi fosse interessato all’intero Epistolario può inviare urgentemente una mail con il nome cognome e città (es. Mario Rossi, Roma), da inserire nella Tabula gratulatoria, oltre a indirizzo e codice fiscale ai fini della spedizione di tutto il pubblicato e, non appena si renderà disponibile, anche dei volumi IX e X,

Volume I   (1819-1840). Pagg. LXXXV-533  (1987)       Volume II  (1841-1845). Pagg. XXVII-480  (1989) 
Volume III (1846-1847). Pagg. XXIX-601   (1992) 
Volume IV  (1°gennaio 1848 – 6 maggio 1849).Pagg. XLI-441 (1998) 
Volume V   (8 maggio 1849 – 31 dicembre 1849).Pagg. LI-551 (2002) 
Volume VI  (2 gennaio 1850 – 13 settembre 1851).Pagg. XLVII-591(2007)
Volume VII (19 settembre 1851-4 novembre 1852).Pagg. LVIII-490 (2010)
Volume VIII(4 novembre 1852 - 29 dicembre 1856).Pagg. LVI-590 (2013).prezzo riservato ai prenotatori per i primi otto volumi: € 180,00prezzo riservato ai prenotatori per il volume IX:  € 23,00

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Georges Virlogeux, curatore dell’Epistolario azegliano

Professore onorario di letteratura e civiltà italiane nell’ Università di Aix-en-Provence.

Ha pubblicato vari saggi di argomento ottocentesco e d’ecdotica dei carteggi in riviste francesi e italiane come la “Revue des études italiennes” (Paris), la “Revue d’études romanes” (Aix-en-Provence), “Rassegna storica del Risorgimento” (Roma), “Studi Piemontesi” (Torino), “Annali  manzoniani” (Milano) o in Atti di convegni di studi internazionali (Aix-en-Provence 1981,1983,1984,1985,1987, 1989;  San Salvatore Monferrato 1983; Nantes 1984; Saluzzo 1990;  Lecco 1990; Cagliari 1992; Stresa 1993).

Il suo maggior contributo è stata ed è la raccolta, la cura e la pubblicazione, prevista in dodici volumi, di cui otto già editi, dell’Epistolario di Massimo d’Azeglio, per le edizioni del  Centro Studi Piemontesi di Torino.

È membro del Comitato Scientifico per l’Edizione Nazionale delle Opere di Alessandro Manzoni, Socio Corrispondentedella Deputazione Subalpina di Storia Patria, Membro del Comitato Scientifico della rivista «Studi Piemontesi ».

Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana

PERCHÈ D’AZEGLIO?

Il 20 novembre 1987, presentando a Torino il primo volume dell’ epistolario azegliano, io precorsi la curiosità del pubblico convenuto a Palazzo Carignano, riformulando la domanda ch’egli si poneva: come mai l’epistolario di Massimo d’Azeglio, la cui edizione si aspettava dal generale in capo dei risorgimentisti italiani, gli veniva ammannito da un ignoto gregario dell’italianismo francese. Gregario del resto sono rimasto, nel senso che non sono mai diventato uno storico del Risorgimento e sono tutt’ora un italianisant. Alberto Maria Ghisalberti, che lavorò per anni intorno all’ Azeglio, fu il miglior conoscitore del nostro. Ma fu come se l’epistolario fosse stato per lui insieme troppo e troppo poco. Troppo poco, perché la cura di un epistolario è una fatica da benedettino che sminuzza la materia e impedisce allo storico di spaziare in sintesi brillanti e intellettualmente eccitanti. Troppo, perché le molteplici responsabilità non gli lasciarono il tempo di occuparsene. E non lo fece. Io invece mi lasciai allettare da questa prospettiva di tempi lunghi, che permettono allo studioso di ripercorrere amorosamente, talvolta a misura di giornata, l’itinerario testuale e biografico del suo autore. Un acquerello giovanile di Massimo lo rappresenta in abito da pittore mentre antenati suoi lo guardano cipigliosi. Quando decisi di iniziare il lavoro, mi raffiguravo così, timoroso dello sguardo indagatore dei miei futuri colleghi italiani, e mi accontentavo di appropriarmi, con timore reverenziale, dei luoghi e dei personaggi che venivano prendendo corpo durante i miei brevi soggiorni torinesi. I portici di via Po, il palazzo di via d’Angennes, l’Accademia albertina furono le mete delle mie prime passeggiate. Le lettere, nella produzione azegliana, mi apparvero come un filo, non ancora ben tessuto, per scoprire personaggio, uomini e luoghi tutt’ insieme. Con la loro quantità e diversità, costituivano un piano di studio coerente e duraturo. Data la loro dispersione, dovetti poi spiemontizzarmi anch’io per andarne in cerca in altre provincie. Cercare e trovare in archivi pubblici e in biblioteche è certo una gioia, ma in archivi privati è occasione di contatti umani vari e preziosi. Esplorare questa fetta di storia e di geografia italiana, studiata a tavolino nell’ Università francese, creare collaborazioni fraterne e fiduciose, cercare e convincere un editore, stabilire con un imprevedibile pubblico legami di simpatia, di affetto, mi parve un’ambizione lodevole. Ecco perché mi sobbarcai. Mi resta un ultimo voto: veder morire Massimo d’Azeglio una seconda volta prima di me…

Georges Virlogeux

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Il Centro Studi Piemontesi ricorda il 150° azegliano con due articoli già pubblicati in Studi Piemontesi”, dicembre 2015, vol. XLIV, fasc. 2:

Jean-Yves Frétigné (Université de Rouen-Normandie), Massimo d’Azeglio :un galantuomo face à la question d’Orient

Pierangelo GentileGeorges Virlogeux, L’ultimo viaggio di Re Carlo Alberto: inediti di Massimo d’Azeglio  dall’ archivio del Principe di Carignano

con la pubblicazione del volume IX dell’Epistolario

e con una serie di iniziative in programma nell’intero arco dell’anno 2016