an flanand tra le pagine del Catalogo storico del Centro Studi Piemontesi

Negli anni Novanta del Novecento, il Centro Studi Piemontesi in collaborazione con la Regione Piemonte ha lanciato il progetto editoriale: I luoghi delle parole. Geografia letteraria del Piemonte

Ci sono molti modi di considerare il rapporto con i luoghi: il radicamento e la diaspora, la permanenza e la fuga. Ma nessuno che possa smentire l’opportunità di un’ipotesi matura: che le affinità naturali siano reali e la geografia, forse, più vera della storia. Superati gli anni della vergogna, in cui il legame con i luoghi poteva essere letto, nella migliore delle ipotesi, come la manifestazione di un rituale semplicemente amorevole, il coraggio e la dottrina di qualche studioso (da Carlo Dionisotti in poi) hanno saputo trasformare la suggestione geografica in vero e proprio «spazio letterario». La Regione Piemonte , insieme con il Centro Studi Piemontesi – Ca dë Studi Piemontèis, ha deciso di raccogliere un’ormai consolidata eredità di indagini e di proposte sostenendo un’iniziativa che prende titolo I luoghi delle parole da un atto di promozione avvenuto una prima volta a Novara. Articolato il territorio in tante mappe che non sempre corrispondono ai confini amministrativi e istituzionali, ma che appartengono a coordinate diverse, comunque configurate a partire dal periodo postunitario, il progetto intende affiancare o sovrapporre agli itinerari consueti delle carte stradali e turistiche, la sorpresa di altri percorsi «inventati» dalla fantasia e dalla scrittura. Ne nasceranno così, zona per zona, alcune antologie tese a valorizzare il patrimonio non solo dei luoghi geografici ma anche degli archivi storici, delle biblioteche, delle istituzioni territoriali.

Il primo volume pubblicato fu La Piana Vercellese, a cura di Giusi Baldissone, Silvana Tamiozzo Goldmann, Giovanni Tesio, Pagg. 438, con 53 ill. fuori testo (1993).

         L’antologia vercellese – prima della serie – rivela fin d’ora una ricchezza di voci che lascia presagire ancor più notevoli frutti. Ai nomi ormai canonici di Faldella e di Cagna s’affiancano quelli di altri esponenti che hanno fatto della piana vercellese un preciso punto di stazione: da Salvator Gotta a Virginia Galante Garrone, da Maria Giusta Catella a Ugo Ronfiani, da Adele Faraggiana a Cesare Greppi e a Laura Bosio, rivelazione ultima. Terra cui hanno rivolto attenzione e memoria Joyce, Borges, Pavese, Chiara, Vassalli, Sergio Solmi e tanti altri, Vercelli finisce a smentire, per numero e qualità, le risultanze un po’ corrucciate del giovane Ruskin che nel Diario italiano, datando da Torino 28 maggio [1841] annotava, pur non tutto negativo: «Vercelli, un luogo di scarso interesse, e tuttavia con qualcosa di buono qua e là: una fila di timpani e comignoli che sembrano usciti dalla Norimberga di Prout». Quest’antologia, senza essere meno esigenti, obbliga ad essere molto più generosi.